domenica 19 febbraio 2012

Nuovo tasso di interesse legale dal 1.1.2012

A partire dall'1 gennaio 2012 la misura del saggio degli interessi legali è salita di nuovo al 2,5% per cento in forza del Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze 12 dicembre 2011 recante "Misura del saggio di interesse legale" pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre scorso, in riferimento a quanto previsto all'articolo 2, comma 185 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che demanda al Ministro dell'Economia e delle Finanze la facoltà di modificare la misura del saggio degli interessi legali sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno. Ricordiamo che il saggio degli interessi legali, a partire dal 1942, in forza dei precedenti decreti del Ministero dell'Economia e delle Finanze è cambiato diverse volte e, per i vari anni, è quello riportato nella tabella già pubblicata nel ns. blog. (Avv. Angelo Remedia)

Stop della Cassazione all’uso indiscriminato degli autovelox.

La Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, con la sentenza n. 23882 del 2011 ha palesato un nuovo diniego all’uso indiscriminato degli apparecchi di controllo a distanza della velocità, collocati senza criterio su strade sulle quali non dovrebbero essere presenti (decreto legge 20 giugno 2002, n. 121).
Il Comune interessato, non contento dell’annullamento da parte del Giudice di Pace del verbale di accertamento della violazione di cui all’art. 142 CdS a carico dell’automobilista, nonché del rigetto dell’appello proposto, con cui, infondatamente, sosteneva che ai fini della omessa contestazione dell’infrazione erano irrilevanti le caratteristiche della strada in cui era avvenuto il rilevamento, si vedeva opporre una terza bocciatura. La Cassazione, infatti, rigettava il ricorso sostenendo che la decisione del Tribunale si fondava da un lato sull’affermazione della necessità della contestazione immediata dell’infrazione, essendo la strada percorsa dall’automobilista una strada extraurbana secondaria, non ricompresa in quell’elenco per il quale la legge prevede la possibilità di utilizzo di strumenti di rilevamento a distanza della velocità; dall’altro lato sulla erronea qualificazione della strada de quo, non avente le caratteristiche per essere considerata una strada urbana di scorrimento.
(Dr.ssa Veronica Mugno)

La crisi non autorizza il datore di lavoro ad imporre condizioni inique. Anzi è estorsore.

Ancora una volta la Corte di Cassazione interviene a tutela dei diritti del lavoratori. Gli ermellini hanno infatti stabilito, con sentenza 4290/12, che qualora un datore di lavoro, facendo leva sulla nota crisi economica e lavorativa dei tempi attuali, nonché dell’evidente prevalenza della domanda di lavoro rispetto all’offerta, induca, con modi anche solo velatamente minacciosi, il lavoratore ad accettare un salario inadeguato rispetto al lavoro effettivamente svolto o, più in generale, condizioni di lavoro contrarie alle leggi e ai contratti collettivi, potrà essere perseguito penalmente e condannato per estorsione.
La Corte ha rigettato il ricorso di un datore di lavoro, indagato per estorsione, con il quale richiedeva la revoca degli arresti domiciliari. Tale decisione è stata presa dalla Corte poiché la stessa ha ravvisato sia nelle modalità dell'assunzione (pagamento inferiore a quello contrattuale), sia delle modalità con le quali veniva corrisposto il salario, da una parte, l'elemento oggettivo della minaccia (o il lavoratore accettava non solo di essere sottopagato ma anche di firmare una quietanza per una somma superiore della quale, poi, doveva restituire la differenza, oppure non veniva assunto o, se assunto, veniva licenziato) dall’altra l'elemento dell'ingiusto profitto da parte dell'indagato che, con le suddette modalità, non solo otteneva che i dipendenti lavorassero per lui sottopagati ma anche si tutelava dalle eventuali azioni civilistiche dei lavoratori tese ad ottenere quanto loro dovuto.La misura cautelare, poi, è stata motivata con il timore che una misura meno afflittiva potesse consentire all’imprenditore di intervenire ancora su persone che erano parte della sua passata o presente vita aziendale dunque nel pericolo di reiterazione del reato ex art.274 c.p.p. (Dr.ssa Annachiara Salvio)

lunedì 12 dicembre 2011

Fiocco azzurro a Roma per lo studio legale Remedia & Partners.

Con immensa gioia abbiamo accolto la notizia dall’Avv. Brogi che mamma Silvia, nel primo pomeriggio di ieri 11 dicembre 2011, ha dato alla luce il piccolo Cristian, un bellissimo pupo di Kg 3,900 tanto atteso dal fratellino Nicolas che ora ha un compagno di giochi. Entrambi stanno bene e ci auguriamo di incontrarli presto. Felicitazioni, congratulazioni ed auguri di cuore.
(Avv. Angelo Remedia)

Il promotore finanziario trafuga i soldi del cliente. La banca è obbligata a restituirli.

La Terza sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24004 del 16 novembre 2011, ha stabilito che nel caso in cui il promotore finanziario “scappa con la cassa” (i soldi consegnati dal cliente), la banca ne risponde in solido e per intero. A nulla è valso il tentativo della banca di sottrarsi o mitigare la richiesta di risarcimento sul presupposto che il versamento del danaro era stato eseguito con modalità vietate dalla Consob. E neppure che questo era specificato nei moduli del promotore.
Nei fatti, il cliente affermava di aver sottoscritto alcuni moduli relativi a vari fondi di investimento e di aver versato ad un promotore finanziario di un dato gruppo bancario, circa 300 milioni di lire. In seguito l’amara sorpresa: prova ad informarsi in banca e scopre che il denaro non le era mai stato versato e dunque riteneva di non dovergli nulla.
La Corte di Cassazione, a conferma della pronuncia di merito, condannava la Banca al pagamento della somma di euro 167.848,50, oltre rivalutazione ed interessi fissando il seguente principio di diritto: "la mera circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle non esclude, in caso di indebita appropriazione di tali somme da parte del promotore, la responsabilità solidale dell'intermediario preponente per il fatto illecito commesso dal promotore, né - in mancanza di ulteriori elementi - può costituire da sola concausa del danno subito dall'investitore ovvero fatto idoneo a ridurre l'ammontare del risarcimento, ai sensi dell'articolo 1227, rispettivamente commi primo e secondo, Cc". Nello specifico, la banca ha costruito la sua difesa anche sui moduli che avrebbe sottoscritto il cliente e sui suoi doveri di diligenza. Il Supremo Collegio ha ribadito che, le regole che i promotori devono osservare nel ricevere somme di danaro dai loro clienti, sono finalizzate a porre obblighi di comportamento in capo al promotore stesso, per tutelare espressamente il cliente - risparmiatore. La previsione inserita dalla banca nei moduli sottoposti al cliente e da questi firmati, non può assolutamente cambiare l’essenza di queste regole. trasformandole da obbligo di comportamento del promotore in un obbligo di diligenza gravante sul risparmiatore, il cui mancato rispetto si tradurrebbe in un addebito di colpa (esclusiva o concorrente) a suo carico; il tutto, conclude la sentenza, a meno che l'intermediario prova che vi sia stata, se non collusione, quanto meno una consapevole e fattiva acquiescenza del cliente alla violazione da parte del promotore, delle proprie regole di condotta.
(Avv. Angelo Remedia)

Il furto di beni aziendali legittima il licenziamento del lavoratore.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 22692/2011 ha seguito un ragionamento logico distante dalla difesa del lavoratore, che si focalizzava sulla proporzionalità dell’offesa economica di minima entità con la sanzione massima del licenziamento. Questo il principio di diritto ricavato: "Nel caso di licenziamento per giusta causa in conseguenza dell'abusivo impossessamento di beni aziendali da parte del dipendente, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore rispetto agli obblighi assunti".
La Suprema Corte, ha dunque sottolineato che la proporzionalità deve essere valutata non solo sulle conseguenze economiche del fatto, ma su una serie di elementi che vanno dal grado di responsabilità collegato alle mansioni del lavoratore, alle modalità della condotta, specie se queste possono far trasparire una particolare propensione alla trasgressione ed infine alla rilevanza dei fatti sulla permanenza del vincolo fiduciario che caratterizza lo specifico rapporto di lavoro. Con questo confermando la correttezza dell’iter giuridico ricostruito dalla sentenza impugnata laddove "è legittimo attendersi che la società non possa più fare affidamento su un dipendente che ha trafugato beni aziendali per esigenze personali, attuando un comportamento doloso ed in concorso con un collega, col ragionevole timore del reiterarsi di una tale condotta".
(Avv. Angelo Remedia)

domenica 20 novembre 2011

Multe: Cinture di sicurezza. In caso di sinistro la parola dei Vigili non basta più!

Decisione della Cassazione che fa tirare un sospiro di sollievo agli automobilisti. Secondo quanto stabilito dagli Ermellini della seconda sezione con la sentenza 21514/11, la parola dei vigili potrebbe non essere più sufficiente a confermare una contravvenzione. Nel caso esaminato dalla Corte il ricorrente era un passeggero trasportato multato perché, a detta degli agenti, non indossava le cinture di sicurezza. Tale constatazione era stata però sostenuta solo dalla parola degli agenti che, intervenuti a seguito di un incidente stradale, riscontravano che "le cinture di sicurezza del passeggero erano bloccate nella propria sede, in quanto il montante ove era installata la cintura di sicurezza risultava piegato in seguito all'evento". Gli stessi desumevano, quindi, che se l'automobilista avesse indossato le cinture queste sarebbero rimaste avvolte ma non bloccate.
La Suprema Corte ha rilevato come per l’emissione della sentenza il Giudicante non poteva basarsi solo sulla parola degli agenti specie perché in primo grado non si era provveduto ad acquisire la cartella clinica che avrebbe potuto "fare escludere la violazione dell'obbligo di indossare le cinture”.
La decisione risulta fondamentale dunque, laddove, alla luce della stessa, la mancanza delle cinture di sicurezza non può essere rilevata sulla sola parola degli agenti senza che sia presa in esame la cartella clinica.

(Dr.ssa Annachiara Salvio)

Separazione: Fido segue l’affido …congiunto?

A chi viene affidato l'amico a 4 zampe in caso di separazione o divorzio?
In materia, la prima sentenza rivoluzionaria cui riferirsi è quella emessa dal Tribunale di Cremona l’11.6.2008, secondo cui: ”valgono le regole per l’affido congiunto”, come sei i due cani in questione fossero i “figli” della coppia.
In realtà, se per un figlio questo è, quando funziona, il regime più idoneo per crescere, stante la separazione dei genitori, per i cani non vale lo stesso principio.
Anche per lui, come per i figli, occorre gestire il “trauma da separazione” a causa dei cambiamenti di vita che la separazione stessa impone. In particolare dopo il titolo XIV del libro primo del codice civile è stato aggiunto il “Titolo XIV-bis degli animali” in cui l’art. 455-ter (Affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi) recita: “In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell'animale, sentiti i coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l'affido esclusivo o condiviso dall'animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere. Il tribunale è competente a decidere in merito all'affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio”.Questa norma recepisce, ad oggi solo nelle intenzioni, quanto già disposto dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore in ambito europeo gia dal 1°gennaio 2009 a seguito della ratifica degli Stati membri, ed introduce il concetto dell’animale come “essere senziente”, un essere capace di provare sensazione e, in quanto tale, meritevole di diritti e conseguente tutela.
(Dr.ssa Chiara Carocci)

venerdì 4 novembre 2011

Revocatoria del fondo patrimoniale: nullità per mancata integrità del contraddittorio dei coniugi

La Sentenza della Corte di Cassazione n. 21494 del 18/10/2011, ha stabilito che nella revocatoria del fondo patrimoniale, ricompreso tra le convenzioni matrimoniali all’art. 167 c.c. e costituito ai fini di soddisfare i bisogni della famiglia con un complesso di beni, siano essi immobili, mobili registrati o titoli di credito, la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi. La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui “la natura reale del vincolo di destinazione impressa dalla costituzione del fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia e la necessità quindi che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali è stata costituita comportano che nel successivo giudizio promosso con l'azione revocatoria siano legittimati passivi entrambi i coniugi anche se l'atto sia stato stipulato da uno solo di essi, non potendo in ogni caso negarsi l'interesse anche dell'altro coniuge, quale beneficiario dell'atto, a partecipare al giudizio.” Invero, la proprietà dei beni costituenti il fondo, spetta ad entrambi i coniugi, a norma dell’art. 168 c.c., a meno che non sia disposto il contrario nell’atto di costituzione.

(Avv. Maria Grazia Coppola)

sabato 22 ottobre 2011

La delibera condominiale è annullabile se l’amministratore non mette a disposizione i documenti contabili.

La sentenza della Seconda Sezione Civile della Corte dei Cassazione n. 19210/2011, ha ribadito che non è necessario che il condomino specifichi all'amministratore le ragioni per cui chiede di prendere visione o di estrarre copia di documenti contabili del Condominio. Tale richiesta, secondo gli Ermellini di Piazza Cavour, può essere fatta in qualsiasi momento e non soltanto in sede di rendiconto annuale e/o di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea, purchè, non sia di ostacolo all'attività amministrativa e non si risolva in un peso economico per il Condominio. Il rifiuto in tal senso dell’amministratore, ove non ne sia dimostrata l'impossibilità, dà luogo a responsabilità e all'annullamento della delibera eventualmente presa dall'Assemblea Condominiale. Ad ogni buon conto, la facoltà del condomino di ottenere copia della documentazione contabile non è considerata come fine a se stessa essendo, invece, finalizzata ad un'attività di controllo non solo formale sull'attività dell'amministratore. Paralizzare questa possibilità di riscontro di ogni condomino, di conseguenza, influirebbe quindi negativamente sulla legittimità della delibera che di conseguenza potrà essere annullata.
(Avv. Maria Grazia Coppola)

Il sinistro non provoca l’aumento dell’assicurazione: ora si può!

Buone notizie per i guidatori: è possibile evitare che, in caso di incidente con colpa, si verifichi lo “scatto del malus” e che il premio assicurativo venga aumentato.
Come? Contattando la propria compagnia e riscattando quanto dalla stessa pagato in ragione del sinistro. Le modalità sono semplici, non serve che il proprietario del veicolo prenda questa decisione nelle fasi concitate che seguono il sinistro. Basta che, in prossimità della scadenza dell’assicurazione, la persona interessata chieda alla propria compagnia di conoscere l’importo complessivo dei danni pagati durante l’anno. A questo punto, confrontando le somme con quelle relative all’aumento previsto per l’aumento del premio ed il rinnovo, l’assicurato valuterà la convenienza di rimborsare alla compagnia le somme pagate per il risarcimento del danno. Ovviamente tenendo anche conto del fatto che il beneficio del riscatto è esteso anche agli anni successivi, ovvero agli anni che sarebbero necessari all’assicurato per ritornare alla precedente classe di merito.
La procedura del riscatto varia a seconda del tipo di risarcimento che è avvenuto: in caso di indennizzo diretto (ovvero danno risarcito direttamente dalla compagnia del danneggiato) la richiesta per conoscere le somme pagate va inoltrata alla Consap, qualora, invece, al risarcimento ha provveduto la propria Compagnia è alla stessa che la richiesta andrà rivolta.
Infine, importante ricordare, che la possibilità di richiedere ed effettuare il riscatto permane anche qualora, alla scadenza della polizza, l’assicurato intenda cambiare compagnia assicurativa: in tal modo alla nuova compagnia verrà presentato un attestato di rischio privo del sinistro “riscattato”.
(Dr.ssa Annachiara Salvio)

L’illegittima segnalazione alla Centrale Rischi Interbancari produce un danno risarcibile.

Con la sentenza n. 12626 del 24 maggio 2010 la Prima sezione civile della Cassazione ha stabilito che l’illegittima segnalazione dello stato di insolvenza di una società, fatta da una Banca alla Centrale dei Rischi, determina un danno di cui si può pretendere il risarcimento, in quanto la segnalazione stessa costituisce “di per sé, un comportamento pregiudizievole per l’attività economica” della società illegittimamente segnalata, evidenziando, altresì, “come il discredito che deriva da siffatta segnalazione è tale da ingenerare una presunzione di scarso affidamento dell'impresa e da connotare come rischiosi gli affidamenti già concessi; con inevitabile perturbazione dei suoi rapporti economici, e una perdita di tipo analogo a quello indicato dall'art. 1223 cod. civ., costituita dalla diminuzione o dalla privazione di un valore del soggetto e del suo patrimonio alla quale il risarcimento deve essere commisurato”.
La Corte ha aggiunto che la liquidazione del danno può avvenire anche con criteri equitativi, ai sensi degli articoli 1226 e 2056 c.c., “qualora l'attività istruttoria svolta non consenta di dare certezza alla misura del danno stesso, come avviene quando, essendone certa l'esistenza, risulti impossibile o estremamente difficoltoso provare la precisa durata del pregiudizio economico subito”.
Nel caso di specie l’illegittimità della segnalazione era dovuta al fatto che la società non versava in stato di insolvenza: e dunque non ricorrevano i presupposti per la segnalazione.
(Dr.ssa Veronica Mugno)

martedì 18 ottobre 2011

Multe: qualcosa è cambiato. Attenzione!

Multa? Pochi possono dire: “non è affar mio”.
Con l’entrata in vigore del D.lgs 150/2011, dal 7 ottobre 2011, avremo ancora meno tempo per poter fare ricorso.
In sostanza, chi riceverà una multa e vorrà contestarla, dovrà pagare una tassa minima di € 37,00 e avrà solo 30 giorni (e non più 60) per fare ricorso al Giudice di Pace.
Se, invece, vorrà ricorrere al Prefetto avrà sempre i 60 giorni di tempo, e non dovrà pagare alcun contributo, ma, nel caso in cui il ricorso non venga accolto, verrà condannato al pagamento almeno del doppio della somma del verbale e non sarà più possibile appellarsi al Giudice di Pace, ma l’unica alternativa valida sarà la Corte di Cassazione.
Nel quadro finora prospettato si profilano anche nuove ipotesi in cui le infrazioni potranno essere annullate: ad esempio, nel caso in cui la pubblica amministrazione ometta di depositare copia degli atti di accertamento prima della data dell'udienza.
Assecondando i principi generali di non retroattività delle leggi, le nuove norme saranno applicate solo ai verbali delle infrazioni contestate dopo il 6 ottobre 2011.
Le multe precedenti o i procedimenti già avviati, anche se non ancora notificati, continueranno a seguire le vecchie disposizioni.
(Dr.ssa Chiara Carocci)