martedì 28 luglio 2009

Accertamento induttivo nullo se il contribuente è in linea con gli studi di settore.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 13915 del 15 giugno 2009 ha espresso il seguente principio in materia fiscale “Gli studi di settore vanno preferiti ai parametri di cui all’articolo 39 del d.p.r. n. 600 del ’73, attesa la natura più raffinata del nuovo mezzo di accertamento, desumibile dalla normativa stessa che lo ha introdotto”. Secondo gli Ermellini, infatti, se i ricavi dell’impresa dichiarati dal contribuente sono in linea con i dati che emergono dagli studi di settore, non ha nessun valore l’accertamento induttivo seppur basato su presunzioni gravi, precise e concordanti.
Nel caso specifico la sentenza ha confermato la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che aveva accolto il ricorso del contribuente, rigettando il ricorso dell’agenzia delle Entrate.

Le esigenze primarie di vita prevalgono sull’obbligo di pagamento dell’assegno di divorzio.

La sentenza 14214/2009 di Piazza Cavour dapprima ha ribadito che "l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio va effettuato verificando l'adeguatezza dei mezzi economici a disposizione del richiedente a consentirgli il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio". Poi ha stabilito che valutando caso per caso, la liquidazione in concreto dell'assegno "va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutandosi tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio". Ma la vera novità sta nella motivazione di detti principi allorquando spiega che il percorso logico razionale del giudice, quand'anche arrivasse in astratto ad indicare in un importo elevato l'ammontare dell'assegno per assicurare "lo stesso tenore di vita", bisogna considerare che detto assegno non può finire con l'incidere "sul reddito dell'onerato in misura tale da impedire a quest'ultimo di far fronte alle esigenze di vita di carattere primario".
N.d.r. Se da un lato la sentenza in commento ci appare frutto dell’applicazione di un elevato principio giuridico, dall’altro lato non possiamo non pensare ai possibili e svariati casi di sostanziale “sottrazione” dall’obbligo del pagamento del mantenimento, basti pensare a coloro che perdono il lavoro dopo il divorzio…