lunedì 24 gennaio 2011

Assegno bancario senza data. Conseguenze.

L’assegno bancario privo della data di emissione al momento della consegna al prenditore è nullo per violazione del n. 5 dell’art. 1 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736.
E’ tuttavia, questa, una prassi piuttosto frequente nell’adempimento di obbligazioni pecuniarie ove, solitamente, il portatore dell'assegno appone la data prima di procedere all’incasso. Ciò, da un lato per l’opportunità di non gravare la posizione dell’emittente (per l’inevitabile applicazione di interessi passivi da parte della banca trattaria) laddove il prenditore non proceda immediatamente all’incasso del titolo, dall’altro perché l’eventualità che la nullità del titolo di credito possa effettivamente rilevarsi è praticamente da escludersi. Infatti, laddove l’assegno bancario venga presentato all’incasso completo di tutti i suoi elementi, anche se visibilmente aggiunti in un secondo momento dall’emissione (diversità di inchiostro, diversità nella calligrafia utilizzata per il riempimento), l’Istituto di Credito non può rifiutarne il pagamento.
Tuttavia, volendo superare le innegabili difficoltà probatorie del caso, ad esempio attraverso una semplice fotocopia dell’assegno privo della data di emissione ma con la firma per ricevuta del prenditore, la norma può avere delle conseguenze importanti sul piano pratico, basti pensare che l’assegno nullo non è titolo esecutivo, non può dar luogo al protesto né a sanzioni amministrative (art. 1 l. n. 386 del 1990 come sostituito dall’art. 28 d.leg. n. 507 del 1999) né alla penale del 10 % ex art.3 L.386/1990 ed ancora, ogni eventuale segnalazione alle Centrali Rischi Interbancarie sarebbe illegittima.
Concludendo, rilasciare assegni privi della data di emissione costituisce una prassi consolidata perché sufficientemente garantistica per entrambe le parti del positivo esito dell’operazione, laddove, però, tra le parti sorga la necessità di “documentare” la data di siffatto pagamento, quando cioè il titolo passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ossia quando l’emittente perde il possesso del titolo che esce così dalla sua disponibilità giuridica (da ultimo Cass. 30 luglio 2009, n. 17749; Cass. 31 gennaio 2006, n. 2160)., appare allora fortemente opportuno (soprattutto per il creditore) che il titolo di credito sia completo in ogni suo punto, diversamente (ed a parte le suddette conseguenze giuridiche) varrebbe solo come promessa di pagamento ex art.1988 c.c..
(Avv. Gianluca Brogi)

Il casco è obbligatorio ma soprattutto utile.

La Cassazione ha ribadito il concetto della colpa concorrente per il conducente motociclista che non indossa il casco. E questo diminuisce l’entità del successivo risarcimento.
Questo è quanto risulta dalla sentenza della terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n.26568/2010) secondo cui "L'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo può essere fonte di corresponsabilità della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a se stessa". Naturalmente, chiarisce la Corte, è necessario che il giudice accerti in concreto che tale violazione "abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone, appunto, un antecedente causale".
(Avv. Angelo Remedia)

Schema di termini per il procedimento delle multe stradali.

Uno schema o riepilogo in questa materia, ai più non farà male! ... :-)
La notifica della multa va fatta in:
- 90 giorni dall’accertamento del proprietario del veicolo;
- 360 giorni se risiede all’estero;
- 100 giorni al proprietario o responsabile se c’è contestazione immediata al conducente o trasgressore non proprietario del mezzo;
Il destinatario della notifica:
a. deve comunicare all’Autorità i dati del conducente per la sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente entro
- 60 giorni dalla notifica della violazione;
b. può effettuare il pagamento in misura ridotta (minimo pena pecuniaria per l'infrazione contestata) entro
- 60 giorni a decorrere dalla contestazione immediata della multa
c. può proporre impugnazione: al Prefetto oppure al Giudice di Pace, alternativamente entro
- 60 giorni, a mezzo deposito o spedizione del ricorso;
Il Prefetto ha 210 giorni per pronunciarsi sul ricorso: all’interno di questi, il Prefetto ha:
- 30 giorni per l’invio della richiesta all'Organo accertatore
- 60 per la fase istruttoria
-120 per emanare il provvedimento
Se il ricorso al Prefetto è stato fatto spedendo o depositando il plico presso l’Organo Accertatore (vigili, polizia, …) l’intero procedimento dovrà concludersi in 180 giorni.
Successivamente, per comunicare l'esito del ricorso il Prefetto ha
- 90 giorni se residente in Italia
- 360 giorni se il ricorrente risiede all'estero (inconcepibile nell'era moderna);
Il trasgressore, destinatario del provvedimento Prefettizio può
a. pagare nei successivi
- 30 giorni
b. ricorrere al Giudice di Pace (e non è possibile fare l’inverso ossia prima il ricorso al GdP e poi al Prefetto) entro
- 30 giorni dalla notifica della reiezione del ricorso al Prefetto.
La successiva cartella esattoriale per la riscossione del dovuto deve essere notificata entro
- 5 anni dalla notifica della contravvenzione;
Il trasgressore, destinatario della cartella esattoriale può
a. pagare nei successivi
- 30 giorni
b. ricorrere al Giudice di Pace entro
- 30 giorni dalla notifica della cartella per vizi della stessa.

…E mi sembra tutto!.
(Avv. Angelo Remedia)

domenica 16 gennaio 2011

Libero accesso per i datori di lavori alle dichiarazioni dei dipendenti rese in sede ispettiva.

Con la sentenza n. 9102 del 13 dicembre 2010, il Consiglio di Stato si è espresso in maniera negativa per i casi di diniego di accesso agli atti opposto dall'Amministrazione sulla base di norme che precludono ai datori di lavoro la consultazione della documentazione contenente le dichiarazioni rese in sede ispettiva dai propri dipendenti. Un passo così dispone: "…le finalità che sostengono disposizioni preclusive - fondate su un particolare aspetto della riservatezza, quello cioè attinente all'esigenza di preservare l'identità dei dipendenti autori delle dichiarazioni allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro - recedono a fronte dell'esigenza contrapposta di tutela della difesa dei propri interessi giuridici, essendo la realizzazione del diritto alla difesa garantita 'comunque' dall'art. 24, comma 7 della legge n. 241 del 1990."
Nel caso di specie l’INPS era tenuta al rilascio della la documentazione richiesta dalla società perché in linea con il diritto di accesso agli atti amministrativi previsto dall'art. 22 della L. n. 241/1990. Esso infatti può essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dalla legge medesima (art. 24 L. n. 241/1990; art. 8 D.P.R. n. 352/1992 e art. 4 D.Lgs. n. 39/1997) e nel caso in esame non ricorreva alcuna di quelle ipotesi previste: segreto epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale ovvero commerciale riguardante la vita privata e la riservatezza dei lavoratori.
(Avv. Angelo Remedia)

Nuovo tasso di interesse legale

A partire dal 1 gennaio 2011 gli interessi legali sono saliti all'1,5% con un aumento quindi di mezzo punto. Il nuovo tasso è determinato dal decreto del 7 dicembre scorso del Ministero dell'Economia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 2010. Il decreto dispone testualmente "La misura del saggio degli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile e' fissata all'1,5% in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2011". Per completezza i tassi di interesse legale sono stati questi negli anni

(Avv. Angelo Remedia)

Licenziamento legittimo del dipendente che timbra per un collega.

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 24796 del 7 dicembre 2010 ha ribadito la necessità della permanenza del vincolo fiduciario tra dipendente e datore di lavoro. Sicchè ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che timbra il cartellino altrui con il deliberato e volontario tentativo di ingannare il datore di lavoro, anche se poi il collega avesse timbrato di lì a poco.
La Suprema Corte ha così confermato la decisione dei giudici di merito che, come si legge nella sentenza, hanno "ricostruito la condotta del lavoratore in tutti i suoi profili (soggettivo ed oggettivo) ponendo in rilievo la gravità dei fatti e la proporzionalità tra essi e la sanzione inflitta, per essere venuta meno la fiducia del datore di lavoro nell’operato del dipendente".
(Avv. Angelo Remedia)

Cartella esattoriale nulla senza l'indicazione della data in cui diventa esecutivo il ruolo.

La sezione tributaria della Cassazione, con la sentenza n. 22997 del 12 novembre 2010, ha stabilito che la cartella esattoriale senza l'indicazione esatta della data in cui diventerà esecutiva è illegittima perche contraria all'art. 12 del d.p.r. n. 603/1973 (come modificato dal d. lgs. 46/1999). Questa norma infatti stabilisce che la cartella di pagamento deve contenere, tra le atre cose, la data in cui il ruolo diventa esecutivo.
(Avv. Angelo Remedia)

martedì 4 gennaio 2011

Ingiusta detenzione. No allo specifico risarcimento della mancata paternità.

Non un giorno di carcere o due, ma un uomo è stato ingiustamente detenuto in carcere per ben 11 anni, cinque mesi e ventisei giorni. Poi è stato assolto a seguito di revisione del processo, e per l'ingiusta detenzione era stato già accordato un risarcimento di circa un milione e mezzo di euro.
L’ex detenuto però, una volta tornato in libertà ha trovato la sua compagna ormai prossima alla menopausa, sicchè ha chiesto di essere risarcito anche per il fatto di non essere diventato padre.
La suprema Corte però (Terza sezione penale, sentenza n.40094/2010) gli ha negato lo specifico risarcimento ritentendo tale diritto già risarcito dalla somma riconosciuta. Infatti per i Giudici quel diritto costituisce solo una "conseguenza naturale della perdita della liberta' personale".
(Avv. Angelo Remedia)

I genitori devono mantenere i figli maggiorenni finchè trovano lavoro "adeguato", non solo per loro.

Occupandosi di figli adottivi, la Corte di Cassazione, Sez. I civile con sentenza del 11 novembre 2010, n. 22909, Pres. Luccioli, Rel. Salvago ha fissato il principio che i figli vanno mantenuti anche se sono diventati maggiorenni e finchè non abbiano trovato "un mestiere rispondente, per quanto possibile, alla condizione sociale della famiglia".
Per questo i genitori (naturali o adottivi) dovranno mantenere i figli non solo fino a quando non troveranno un lavoro "confacente alla loro preparazione e inclinazione" ma questo dovrà anche essere consono alla "condizione sociale della famiglia".
Nello specifico la Corte si è occupata del ricorso di un comune della provincia di Napoli, che ha chiesto e ottenuto il rimborso di 48 mila euro spesi per il collocamento in una casa famiglia di tre figli adottati da una coppia. I figli erano stati allontanati dalla famiglia adottiva perchè trovati in stato di abbandono.
(Avv. Angelo Remedia)

TAR: offerta di una impresa con costi del personale troppo bassi? legittima l’esclusione dalla gara d’appalto.

Latina, la sezione staccata del TAR Lazio ha ritenuto, con la sentenza n. 1863 del 5 novembre 2010, legittima l'esclusione dalla gara d'appalto per un'impresa la cui offerta è risultata troppo bassa relativamente al costo del personale.
Si trattava di una gara, indetta da un Comune, per l’affidamento della gestione dei servizi bibliotecari e dell'archivio storico e l’esclusione fu fatta in quanto l'offerta economica si discostava per € 1.196, 10 dal costo complessivo del personale previsto dal CCNL. Tale differenza, secondo l'Amministrazione, “è una perdita economica per la società, per cui l'offerta economica della stessa risulta essere non adeguata”.
L’impresa ritiene ingiusta detta decisione e ricorre al tribunale amministrativo il quale ha reputato che "l'offerta economica della ricorrente non è in grado di superare la valutazione di incongruenza espressa dalla stazione appaltante, posto che tale offerta presenta uno scostamento con il costo complessivo dell’appalto" e che la relativa differenza di € 1.196, 10 grava sul costo del personale, essa non avrebbe consentito il rispetto di quanto disposto dal CCNL di riferimento.
Di poi anche i giustificativi addotti dalla società circa “l’errore materiale”, sono stati respinti.
(Avv. Angelo Remedia)