lunedì 12 dicembre 2011

Fiocco azzurro a Roma per lo studio legale Remedia & Partners.

Con immensa gioia abbiamo accolto la notizia dall’Avv. Brogi che mamma Silvia, nel primo pomeriggio di ieri 11 dicembre 2011, ha dato alla luce il piccolo Cristian, un bellissimo pupo di Kg 3,900 tanto atteso dal fratellino Nicolas che ora ha un compagno di giochi. Entrambi stanno bene e ci auguriamo di incontrarli presto. Felicitazioni, congratulazioni ed auguri di cuore.
(Avv. Angelo Remedia)

Il promotore finanziario trafuga i soldi del cliente. La banca è obbligata a restituirli.

La Terza sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24004 del 16 novembre 2011, ha stabilito che nel caso in cui il promotore finanziario “scappa con la cassa” (i soldi consegnati dal cliente), la banca ne risponde in solido e per intero. A nulla è valso il tentativo della banca di sottrarsi o mitigare la richiesta di risarcimento sul presupposto che il versamento del danaro era stato eseguito con modalità vietate dalla Consob. E neppure che questo era specificato nei moduli del promotore.
Nei fatti, il cliente affermava di aver sottoscritto alcuni moduli relativi a vari fondi di investimento e di aver versato ad un promotore finanziario di un dato gruppo bancario, circa 300 milioni di lire. In seguito l’amara sorpresa: prova ad informarsi in banca e scopre che il denaro non le era mai stato versato e dunque riteneva di non dovergli nulla.
La Corte di Cassazione, a conferma della pronuncia di merito, condannava la Banca al pagamento della somma di euro 167.848,50, oltre rivalutazione ed interessi fissando il seguente principio di diritto: "la mera circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle non esclude, in caso di indebita appropriazione di tali somme da parte del promotore, la responsabilità solidale dell'intermediario preponente per il fatto illecito commesso dal promotore, né - in mancanza di ulteriori elementi - può costituire da sola concausa del danno subito dall'investitore ovvero fatto idoneo a ridurre l'ammontare del risarcimento, ai sensi dell'articolo 1227, rispettivamente commi primo e secondo, Cc". Nello specifico, la banca ha costruito la sua difesa anche sui moduli che avrebbe sottoscritto il cliente e sui suoi doveri di diligenza. Il Supremo Collegio ha ribadito che, le regole che i promotori devono osservare nel ricevere somme di danaro dai loro clienti, sono finalizzate a porre obblighi di comportamento in capo al promotore stesso, per tutelare espressamente il cliente - risparmiatore. La previsione inserita dalla banca nei moduli sottoposti al cliente e da questi firmati, non può assolutamente cambiare l’essenza di queste regole. trasformandole da obbligo di comportamento del promotore in un obbligo di diligenza gravante sul risparmiatore, il cui mancato rispetto si tradurrebbe in un addebito di colpa (esclusiva o concorrente) a suo carico; il tutto, conclude la sentenza, a meno che l'intermediario prova che vi sia stata, se non collusione, quanto meno una consapevole e fattiva acquiescenza del cliente alla violazione da parte del promotore, delle proprie regole di condotta.
(Avv. Angelo Remedia)

Il furto di beni aziendali legittima il licenziamento del lavoratore.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 22692/2011 ha seguito un ragionamento logico distante dalla difesa del lavoratore, che si focalizzava sulla proporzionalità dell’offesa economica di minima entità con la sanzione massima del licenziamento. Questo il principio di diritto ricavato: "Nel caso di licenziamento per giusta causa in conseguenza dell'abusivo impossessamento di beni aziendali da parte del dipendente, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore rispetto agli obblighi assunti".
La Suprema Corte, ha dunque sottolineato che la proporzionalità deve essere valutata non solo sulle conseguenze economiche del fatto, ma su una serie di elementi che vanno dal grado di responsabilità collegato alle mansioni del lavoratore, alle modalità della condotta, specie se queste possono far trasparire una particolare propensione alla trasgressione ed infine alla rilevanza dei fatti sulla permanenza del vincolo fiduciario che caratterizza lo specifico rapporto di lavoro. Con questo confermando la correttezza dell’iter giuridico ricostruito dalla sentenza impugnata laddove "è legittimo attendersi che la società non possa più fare affidamento su un dipendente che ha trafugato beni aziendali per esigenze personali, attuando un comportamento doloso ed in concorso con un collega, col ragionevole timore del reiterarsi di una tale condotta".
(Avv. Angelo Remedia)