La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha fissato i criteri entro i quali il consenso informato del paziente può ritenersi indispensabile e vincolante. Il principio enunciato è il seguente, la condotta per la quale "il medico sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli, si sia concluso con esito fausto, nel senso che dall'intervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale".
Con tale principio, le sezioni unite della Suprema Corte hanno annullato senza rinvio "perchè il fatto non sussiste" la decisione della Corte d'appello di Bologna che, nel febbraio 2007, aveva dichiarato l'intervenuta prescrizione del reato di violenza privata contestato al medico Nunzio G. in primo grado e che gli era valso una multa di seimila euro, con il beneficio della sospensione condizionale della pena. In particolare si trattava di una vicenda avvenuta nel reparto di ginecologia dell'ospedale di Cattolica il 20 novembre del 1997 quando Roberta M. veniva sottoposta dal medico ad un intervento di laparoscopia operativa e, senza soluzione di continuità, a salpingectomia che determinò l'asportazione della tuba sinistra. "L'intervento demolitorio - ricostruito dagli Ermellini - risultò essere stato una scelta corretta ed obbligata, eseguita nel rispetto della lex artis e con competenza superiore alla media". Tuttavia, secondo l'accusa, "senza il consenso validamente prestato dalla paziente, informata soltanto della laparoscopia". Ma ora la Cassazione ha fatto cadere tutte le accuse nei confronti del medico che non puo' essere considerato colpevole.
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