La sentenza 14214/2009 di Piazza Cavour dapprima ha ribadito che "l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio va effettuato verificando l'adeguatezza dei mezzi economici a disposizione del richiedente a consentirgli il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio". Poi ha stabilito che valutando caso per caso, la liquidazione in concreto dell'assegno "va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutandosi tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio". Ma la vera novità sta nella motivazione di detti principi allorquando spiega che il percorso logico razionale del giudice, quand'anche arrivasse in astratto ad indicare in un importo elevato l'ammontare dell'assegno per assicurare "lo stesso tenore di vita", bisogna considerare che detto assegno non può finire con l'incidere "sul reddito dell'onerato in misura tale da impedire a quest'ultimo di far fronte alle esigenze di vita di carattere primario".
N.d.r. Se da un lato la sentenza in commento ci appare frutto dell’applicazione di un elevato principio giuridico, dall’altro lato non possiamo non pensare ai possibili e svariati casi di sostanziale “sottrazione” dall’obbligo del pagamento del mantenimento, basti pensare a coloro che perdono il lavoro dopo il divorzio…
N.d.r. Se da un lato la sentenza in commento ci appare frutto dell’applicazione di un elevato principio giuridico, dall’altro lato non possiamo non pensare ai possibili e svariati casi di sostanziale “sottrazione” dall’obbligo del pagamento del mantenimento, basti pensare a coloro che perdono il lavoro dopo il divorzio…
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