Il 24 maggio 2010 con la sentenza n.19545, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, ha sanzionato un commercialista per una attività illecita, tipica dell’imprenditore.
Nella sentenza -la Corte ha stabilito che anche il commercialista, risponde di bancarotta fraudolenta se assume la “guida tecnica” delle operazioni illecite.
La Corte ha infatti precisato che il commercialista, peraltro appartenente al Collegio dei Sindaci, “ha ammesso il suo ruolo di guida tecnica in tutte le attività di trasferimenti spoliativi dei beni della società”. In più “i giudici di merito hanno anche messo in risalto che egli indirettamente partecipò alla distrazione degli strumenti di ufficio, acquistandoli attraverso la società: si tratta di un episodio di modesto rilievo contabile, ma di altissimo rilievo dimostrativo, ai fini del convincimento della totale abnegazione del ricorrente nella costruzione e nello sviluppo del piano finalizzato alla scomparsa giuridica dei beni di massimo valore, tanto da spingersi, dal ruolo di regia e di comando nella tecnica fraudolente, a quello di diretto occultatore di beni residui”.
Sulla difesa del professionista ha precisato la Corte che “l’ipotesi che queste condotte rivestano esclusivamente un carattere di illiceità deontologica, sanzionabile all’interno della disciplina della categoria professionale di appartenenza, in quanto contrastante con un elementare visione del vigente ordinamento giuridico, ugualmente è al di fuori delle argomentazioni meritevoli di esame”.
(Avv. Angelo Remedia)
Nella sentenza -la Corte ha stabilito che anche il commercialista, risponde di bancarotta fraudolenta se assume la “guida tecnica” delle operazioni illecite.
La Corte ha infatti precisato che il commercialista, peraltro appartenente al Collegio dei Sindaci, “ha ammesso il suo ruolo di guida tecnica in tutte le attività di trasferimenti spoliativi dei beni della società”. In più “i giudici di merito hanno anche messo in risalto che egli indirettamente partecipò alla distrazione degli strumenti di ufficio, acquistandoli attraverso la società: si tratta di un episodio di modesto rilievo contabile, ma di altissimo rilievo dimostrativo, ai fini del convincimento della totale abnegazione del ricorrente nella costruzione e nello sviluppo del piano finalizzato alla scomparsa giuridica dei beni di massimo valore, tanto da spingersi, dal ruolo di regia e di comando nella tecnica fraudolente, a quello di diretto occultatore di beni residui”.
Sulla difesa del professionista ha precisato la Corte che “l’ipotesi che queste condotte rivestano esclusivamente un carattere di illiceità deontologica, sanzionabile all’interno della disciplina della categoria professionale di appartenenza, in quanto contrastante con un elementare visione del vigente ordinamento giuridico, ugualmente è al di fuori delle argomentazioni meritevoli di esame”.
(Avv. Angelo Remedia)
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