La Prima Sezione Penale della Suprema Corte torna ad occuparsi di reati che possono scaturire da previsioni normative del codice civile. Le norme che vengono interpretate dagli Ermellini con la sentenza n. 17854/2009 sono l’art. 2636 ed il 1414 c.c. in tema di illecita influenza sull’assemblea dei soci.
La (prima) norma civilistica specifica che al commettersi di “atti simulati o fraudolenti” per determinare una influenza sull’assemblea, che comporta a sé o terzi un ingiusto profitto, provoca la sanzione della reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Per atti fraudolenti devono intendersi tutti gli atti in frode o contrari alla legge.
Per atti simulati devono intendersi in una accezione più ampia di quella civilistica, perché “essa non evoca soltanto l’istituto della simulazione regolato dagli artt. 1414 e ss. C.c., ma include qualsiasi operazione che artificiosamente permetta di alterare la formazione delle maggioranze richieste per l’approvazione delle deliberazioni assembleari e di conseguire così risultati vietati dalla legge o dallo statuto della società.”
Da questo spunto, la Corte ha elencato (seppur non in modo esaustivo) quelle situazioni riconducibili nella fattispecie di reato prefigurata dall’art. 2636 c.c. come “illecita influenza sull’assemblea”:
La (prima) norma civilistica specifica che al commettersi di “atti simulati o fraudolenti” per determinare una influenza sull’assemblea, che comporta a sé o terzi un ingiusto profitto, provoca la sanzione della reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Per atti fraudolenti devono intendersi tutti gli atti in frode o contrari alla legge.
Per atti simulati devono intendersi in una accezione più ampia di quella civilistica, perché “essa non evoca soltanto l’istituto della simulazione regolato dagli artt. 1414 e ss. C.c., ma include qualsiasi operazione che artificiosamente permetta di alterare la formazione delle maggioranze richieste per l’approvazione delle deliberazioni assembleari e di conseguire così risultati vietati dalla legge o dallo statuto della società.”
Da questo spunto, la Corte ha elencato (seppur non in modo esaustivo) quelle situazioni riconducibili nella fattispecie di reato prefigurata dall’art. 2636 c.c. come “illecita influenza sull’assemblea”:
- il comportamento del socio, che si avvalga di azioni o quote non collocate, intendendo per tali quelle non vendute, ovvero quelle per le quali il socio non abbia effettuato, nei termini prescritti, il versamento di quanto dovuto;
- il comportamento del socio che, occultando la mora nei versamenti, che gli precluderebbe il diritto di voto, tragga in inganno l’assemblea, facendosi apparire come portatore di un diritto di voto, del quale in realtà non è titolare;
- le dichiarazioni mendaci o reticenti, provenienti dagli amministratori o dai terzi, con le quali l’assemblea od i singoli soci vengano tratti in inganno sulla portata o convenienza di una delibera;
- l’incetta di deleghe fraudolentemente realizzata in violazione dei limiti posti dall’art. 2372 c.c.;
- la maliziosa convocazione di un’assemblea in tempo o luoghi tali da precludere un’effettiva partecipazione dei soci;
- i possibili abusi funzionali della presidenza dell’assemblea, a qualsiasi soggetto affidata ex art. 2371 c.c., quali l’artificiosa o, fraudolenta esclusione dal voto di soggetti aventi diritto o, all’inverso, l’ammissione al voto di soggetti non legittimati;
- la falsificazione della documentazione relativa all’assemblea dei soci.
In tutte le situazioni sopra, la illeceità della condotta è caratterizzata dalla presenza di atti simulati o fraudolenti che hanno avuto efficacia determinante per l’adozione di deliberazioni assembleari assunte in violazione di divieti legali o statutari.
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