mercoledì 10 giugno 2009

Dipendente in carcere? Non sempre è ammesso il licenziamento.

E’ successo ad una società con oltre 60 dipendenti: il dipendente, assente dal lavoro perché in carcere non andava licenziato. La Sezione lavoro della Cassazione, con la sentenza n.12721/2009, ha stabilito che il detenuto può solo perdere lo stipendio ma non può essere allontanato dal posto di lavoro, così conferma la sentenza della Corte d’ Appello che disponeva la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore finito in carcere per fatti non legati alla sua attività lavorativa.
La Corte Suprema ha sottolineato che occorre valutare le "esigenze oggettive dell'impresa, tenendo conto delle dimensioni della stessa, del tipo di organizzazione tecnico-produttiva, della natura e importanza delle mansioni del lavoratore detenuto, nonchè del maturato periodo di assenza, della prevedibile durata della carcerazione, della possibilità di affidare temporaneamente ad altri le sue mansioni senza necessità di nuove assunzioni". E più in generale "di ogni altra circostanza rilevante ai fini della determinazione della misura della tollerabilità dell'assenza".
Le doglianze dell’azienda – secondo la quale la detenzione del lavoratore aveva prodotto un danno, in quanto l'attività non si poteva consentire alcuna interruzione del normale ciclo produttivo – sono state disattese e così rimosso il licenziamento “per assenza ingiustificata”.

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