martedì 9 giugno 2009

Fondo patrimoniale: attenzione alla revocatoria per fidejussioni pregresse e debiti successivi.

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975, è stata introdotta la figura del fondo patrimoniale.
Ai sensi dell'art 167 c.c., questo strumento patrimoniale consente di destinare determinati beni - tutti o parte di essi - sia mobili che immobili – sia personali che comuni – esclusivamente ai "bisogni della famiglia". Costituisce dunque uno strumento patrimoniale aggiuntivo rispetto ai regimi patrimoniali ordinari a disposizione dei coniugi (comunione o separazione) anche scelti o successivamente modificati. La Cassazione (11683/01) stabilisce che esso serve "al pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento delle sue capacità lavorative". Il fondo può costituirsi solo con atto pubblico o per testamento, e può costituirsi da uno o entrambi i coniugi, ed anche da un terzo, ma in tal ultimo caso è necessaria l’accettazione dei coniugi. La proprietà dei beni, salvo che non sia stabilito diversamente, spetta ad entrambi i coniugi. L’amministrazione è tipica dei beni in comunione e, ai sensi dell’art. 169 c.c. “non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità o di utilità evidente”.
Il patrimonio separato che si viene a formare, è tutelato da un vincolo di inespropriabilità: nel caso in cui i coniugi dovessero contrarre un'obbligazione per assolvere esigenze diverse da quelle familiari tanto che i creditori non potrebbero soddisfare il loro diritto sottoponendo ad esecuzione forzata i beni del fondo.
Ma cosa succede se uno dei coniugi, in periodo anteriore alla costituzione del fondo avesse prestato fidejussione bancaria (o ordinaria) in favore di una società o di un terzo?
Al ruolo di debitore o garante dello stesso, assunto dal coniuge ex ante viene assicurata la prevalenza: in quanto tale, egli risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri dell'inadempimento delle proprie obbligazioni (art. 2740 c.c.).
Ciò pertanto i creditori dell’obbligato hanno la possibilità di agire tramite l'azione revocatoria, facendo dichiarare inefficace, ma solo nei loro confronti, l'atto di costituzione del patrimonio separato.
La Cassazione (4422/2001), rilevato che il creditore ha diritto di soddisfarsi anche sui beni entrati nel patrimonio del debitore dopo l'insorgere del credito, sussiste la revocabilità del fondo poiché il suo diritto (su questi beni) è suscettibile di risultare pregiudicato anche da atti di disposizione che cadano sui beni che ancora non esistevano nel patrimonio del debitore al momento della nascita del credito.
L’art. 2901 c.c. stabilisce come condizione per l’esercizio dell’azione di revocatoria che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore. Nel caso del fideiussore è sufficiente che il terzo contraente (l’altro coniuge) fosse consapevole del pregiudizio. Il pregiudizio può consistere anche nel solo pericolo di un'azione esecutiva infruttuosa. E la consapevolezza, è determinabile per presunzioni "senza che sia data rilevanza all'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo". Ultima nota: la Suprema Corte ribadisce che poiché gli effetti dell'azione revocatoria non si estendono al conferimento operato dal coniuge non debitore (o meglio non garante) ne deriva che rimanendo questi estraneo non assumerà la posizione di litisconsorte necessario nel relativo processo.
Per tal motivo, prima dell’atto pubblico, è buona norma accertarsi che non ci siano “pendenze latenti” o fidejussioni pendenti.

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