domenica 21 marzo 2010

Cade in revocatoria il pagamento fatto dalla società fallita alle banche, per debiti dei soci.

Il massimo organo della Corte di Cassazione ha riaffermato il principio di cui all'art. 64 legge fall. Ossia e più in generale, sono inefficaci i pagamenti posti in essere dal soggetto fallito in favore di un terzo e che non hanno avuto – per sé - un vantaggio patrimoniale.
Il caso riguarda una società fallita che aveva pagato al Monte dei Paschi di Siena i debiti dei suoi soci; debiti per oltre 1 milione di euro. La curatela aveva chiesto l'annullamento del pagamento e, il Tribunale di Lamezia Terme aveva accolto l'istanza. La Corte d'Appello aveva poi confermato questo capo della decisione. Il ricorso in Cassazione della banca è stato rigettato, confermando la pronuncia d’appello di inefficacia del pagamento.
In diritto, le Sezioni Unite Civili della Cassazione con la sentenza n. 6538 del 18 marzo 2010, hanno risolto un contrasto di giurisprudenza affermando che "in tema di revocatoria fallimentare di atti a titolo gratuito, ai sensi dell'art. 64 legge fall., la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dallo scopo pratico del negozio, e cioè dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato; per cui la relativa classificazione non può più fondarsi sulla esistenza o meno di un rapporto sinallagmatico e corrispettivo tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto, ma dipende necessariamente dall'apprezzamento dell'interesse sotteso all'intera operazione da parte del solvens, quale emerge dall'entità dell'attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento collegato o non collegato ad un sia pur indiretto guadagno o ad un risparmio di spesa". Pertanto, nell'ipotesi di estinzione da parte del terzo (in questo caso la società poi fallita) "di un'obbligazione preesistente cui egli sia estraneo, l'atto solutorio può dirsi gratuito, agli effetti dell'art. 64 legge fall., solo quando dall'operazione che esso conclude, sia essa a struttura semplice perché esaurita in un unico atto, sia a struttura complessa in quanto si componga di un collegamento di atti e di negozi, il terzo non ne trae nessun concreto vantaggio patrimoniale ed egli abbia inteso recare un vantaggio al debitore". Mentre, la ragione deve considerarsi "onerosa" tutte le volte che il terzo riceva un vantaggio per questa sua prestazione dal debitore, dal creditore o anche da altri, cosí da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere quel pregiudizio, "cui l'ordinamento pone rimedio con l'inefficacia ex lege".
(Avv. Angelo Remedia)

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