La fidejussione è la garanzia personale che Tizio offre al creditore Caio per l’assolvimento delle obbligazioni del debitore Mevio.
Talvolta lo facciamo spontaneamente quando ci obblighiamo “con la parola o la stretta di mano” in favore dell’amico o del parente che sta compiendo una operazione la cui entità è modesta e non richiede neppure forme sacramentali.
Nella prassi commerciale e soprattutto quella bancaria, la fidejussione assume invece caratteristiche molto importanti proprio per la rilevanza del credito, attuale o futuro, che essa deve garantire. Il codice civile pone diversi limiti a questa forma di garanzia: anzitutto la manifestazione di volontà non può essere tacita ma deve essere espressa; poi essa copre tanto il debito principale quanto gli accessori e le spese; poi passa a tutelare le posizioni dello stesso fideiussore il quale per esempio può opporre al creditore tutte le eccezioni che può svolgere il debitore, come pure deve essere messo in condizioni di agire - in surroga del creditore - verso il debitore, dopo che ha pagato il debito e così via. Alcune particolarità di questo contratto, però, sono spesso … dimenticate e trascurate. Anzitutto il codice stabilisce la regola principale che se il fideiussore garantisce obbligazioni future, è necessario che fin dal momento della sottoscrizione venga fissato (e non lasciato in bianco) un tetto massimo alla garanzia (di qui la nullità delle fidejussioni cd. “omnibus”); poi all’art.1956 stabilisce che “Il fideiussore per un'obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.” E qui la casistica è copiosa soprattutto per le fidejussioni prestate a favore di società che continuano ad essere “sovvenzionate” dagli istituti di credito, anche nei momenti immediatamente antecedenti il fallimento della società stessa; la norma successiva invece prevede che: “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”. Anche qui non sempre la norma viene rispettata: nei mutui, ad esempio, dove i tempi di pagamento delle rate sono molto lunghi (anche semestrali) e la banca, “per politica aziendale” aspetta la morosità di almeno due rate prima di “proporre le sue istanze contro il debitore”.
In ogni caso è fondamentale tener presente un principio: le violazioni vanno rappresentate ritualmente in giudizio e non devono essere dimenticate; al di fuori del giudizio, non mi è ancora capitato che un istituto di credito rinunci alla sua pretesa nei confronti del fideiussore, … spontaneamente!
(Avv. Angelo Remedia)
Talvolta lo facciamo spontaneamente quando ci obblighiamo “con la parola o la stretta di mano” in favore dell’amico o del parente che sta compiendo una operazione la cui entità è modesta e non richiede neppure forme sacramentali.
Nella prassi commerciale e soprattutto quella bancaria, la fidejussione assume invece caratteristiche molto importanti proprio per la rilevanza del credito, attuale o futuro, che essa deve garantire. Il codice civile pone diversi limiti a questa forma di garanzia: anzitutto la manifestazione di volontà non può essere tacita ma deve essere espressa; poi essa copre tanto il debito principale quanto gli accessori e le spese; poi passa a tutelare le posizioni dello stesso fideiussore il quale per esempio può opporre al creditore tutte le eccezioni che può svolgere il debitore, come pure deve essere messo in condizioni di agire - in surroga del creditore - verso il debitore, dopo che ha pagato il debito e così via. Alcune particolarità di questo contratto, però, sono spesso … dimenticate e trascurate. Anzitutto il codice stabilisce la regola principale che se il fideiussore garantisce obbligazioni future, è necessario che fin dal momento della sottoscrizione venga fissato (e non lasciato in bianco) un tetto massimo alla garanzia (di qui la nullità delle fidejussioni cd. “omnibus”); poi all’art.1956 stabilisce che “Il fideiussore per un'obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.” E qui la casistica è copiosa soprattutto per le fidejussioni prestate a favore di società che continuano ad essere “sovvenzionate” dagli istituti di credito, anche nei momenti immediatamente antecedenti il fallimento della società stessa; la norma successiva invece prevede che: “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”. Anche qui non sempre la norma viene rispettata: nei mutui, ad esempio, dove i tempi di pagamento delle rate sono molto lunghi (anche semestrali) e la banca, “per politica aziendale” aspetta la morosità di almeno due rate prima di “proporre le sue istanze contro il debitore”.
In ogni caso è fondamentale tener presente un principio: le violazioni vanno rappresentate ritualmente in giudizio e non devono essere dimenticate; al di fuori del giudizio, non mi è ancora capitato che un istituto di credito rinunci alla sua pretesa nei confronti del fideiussore, … spontaneamente!
(Avv. Angelo Remedia)
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